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Non chiamatelo eroe! Luke Cage, dal 30 settembre su Netflix


di Lorenza Negri

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In foto Mike Colter nei panni di Luke Cage, invincibile protagonista dell'omonima serie Netflix disponibile dal 30 settembre.
giovedì 22 settembre 2016 - Netflix

Cresce ad Harlem, finisce ingiustamente dietro le sbarre e lì acquisisce una forza sovrumana, una pelle inscalfibile e l'invincibilità. Uscito di prigione, Luke Cage si rifà una vita mantenendo un profilo il più basso possibile, ma l'esigenza di intervenire contro chi minaccia la serenità del suo quartiere cozza con la necessità di non farsi notare e soprattutto con la realtà che... non tutti muoiono dalla voglia di fare gli eroi.

Un "western hip hop": così Cheo Hodari Coker, showrunner di Luke Cage, definisce il terzo show di Netflix ispirato ai supereroi della Marvel che debutta sulla piattaforma il 30 settembre.
Lorenza Negri

Cage (Mike Colter) - vero nome è Carl Lucas - non ha bisogno di lavorare sulla propria destrezza: è una sorta di Bud Spencer - gli avversari gli si scagliano contro inutilmente e lui si limita a strapazzarli senza sforzo e con sguardo sornione. Per questo, dopo mesi di inattività (in Jessica Jones lo abbiamo ammirato in azione e conosciamo i suoi punti deboli e quelli di forza) è comunque pronto a lottare, incalzato dal barbiere Pop. Interpretato dal bravissimo attore Frankie Faison di Banshee, quest'ultimo è la classica figura di mentore che favorisce il risveglio di chi, come Cage e come tanti ragazzi dal passato difficile del quartiere, ha bisogno di una spinta per riprendere in mano le redini della propria vita, e scegliere un ideale per cui lottare. Luke Cage è esattamente questo: la parabola di un uomo posto di fronte a una scelta cruciale e la genesi di un supereroe stilisticamente contraddistinta da quel taglio "western hip hop" contemporaneo e vintage allo stesso tempo menzionato dal suo creatore.


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13 puntate che guardano agli anni 70

Coker, ex giornalista di Rolling Stone nonché autore di un volume biografico e poi di un film su una divinità dell'hip hop come Notorius Big (un suo enorme quadro nella celebre versione da Re campeggia nell'ufficio del villain Cornell) ha asperso la serie di un aroma Anni Settanta: Luke Cage, assurto alla popolarità in quel decennio, originalmente sfoggiava un look in sintonia con la moda contemporanea, con tanto di tiara in testa, catenazza avvolta in vita e camicia giallo canarino aperta sul petto.

Di quel look, per fortuna, resta solo un gustoso accenno, ma lo show, sin dalla suggestiva sigla, è disseminato di riferimenti alla blaxploitation, alla cultura cinematografica e popolare di quegli anni e a uno stile che abbiamo riscoperto in un'altra pellicola di Netflix, The Get Down, che narra le origini dell'hip hop. Questo genere aggressivo e politico si appaia ai riferimenti musicali di quattro decenni orsono nei tredici episodi che compiono la prima stagione dello show.
Lorenza Negri

La ricostruzione dei trascorsi di Cage è una necessità narrativa per legare passato e presente quanto lo è a livello stilistico la scelta di donare alla serie quell'aura Anni Settanta servita dalle due mode del decennio della blaxploitation e dei film di Kung Fu. Ne erano così rappresentative che il personaggio dalla pelle inscalfibile fu appaiato con il Bruce Lee della Marvel, Pugno d'acciaio-Iron Fist (partner professionale di Luke nei fumetti e protagonista della quarta serie superoica di Netflix) per sfruttare la sinergia delle due tendenze. Tra una citazione e l'altra di Bruce Lee e delle sue pellicole, emerge anche un messaggio dello show: il passato è mitico ma il presente è meglio (e quindi è il caso di lottare per esso), messaggio servito scherzosamente da uno scambio di battute tra il protagonista e il suo compare di prigione convinto che il remake di Dalla Cina con Furore con Lee, Fist of legend (quello con Jet Li), sia meglio dell'originale.


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Luke nell'ampio universo dei vendicatori

Battute a parte, in Luke Cage c'è spazio per la nostalgia del passato molto meno di quanto ce n'è per le aspettative per il futuro.

A spronare l'eroe riluttante, Claire, il personaggio dell'infermiera perseguitata dai supereroi incarnata da Rosario Dawson, la quale fa da madrina a tutti i capitoli Marvel di Netflix e assolve la funzione, assieme a una buona dose di riferimenti agli Avengers e alle loro gesta, di inserire Luke Cage nell'ampio universo multimediale della Marvel dei Vendicatori.
Lorenza Negri

Che poi ognuno di questi eroi abbia la propria battaglia personale, i propri nemici e le proprie istanze da portare avanti, rende più coerente la prospettiva di The Defenders, l'ultima delle cinque serie Marvel di Netflix che si ripromette di unire Daredevil, Jessica Jones, Luke Cage e Pugno d'Acciaio (e il Punitore, ci auguriamo, visto l'ottima ricezione di questo antieroe introdotto nella seconda stagione delle avventure del Diavolo rosso) contro una minaccia comune.


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